Da Bancario dipendente a Consulente Finanziario
Data pubblicazione: 07 marzo 2023
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In questi anni, tanti dipendenti bancari scelgono di cambiare, passando da dipendente, alla professione di consulente finanziario, che lavora per banche o reti, cosiddette mandanti. Queste ultime offrono un contratto chiamato mandato di agenzia, che regola tipicamente il lavoro del consulente finanziario.
Il consulente finanziario, pur essendo una partita iva, ditta individuale, non è un imprenditore né un libero professionista. Non è un imprenditore perché non investe capitali propri nell’impresa in quanto è la mandante a provvedere alla logistica, alla tecnologia, agli accordi con le società prodotto, ecc.. e non è un libero professionista perché fattura ad un solo cliente, la società mandante, avendo la certezza del pagamento in date fisse.
Allora cos’è un consulente finanziario?
E' una persona in grado di sviluppare un proprio business in un’ impresa non propria con la quale mette in campo una partnership. Dietro a questo concetto si sviluppa una strategia ed una pianificazione delle attività coerente. Il tema è complesso ma merita di essere approfondito.
Errore da evitare è partire dalla valutazione delle proposte economiche che le reti di consulenza offrono dando per scontato che il lavoro che si andrà a fare sia più o meno lo stesso che si fa in banca. Non è così, il consulente finanziario ha una relazione con la clientela differente, più profonda, fiduciaria e i clienti li conquista sul campo, non sono assegnati dalla banca.
Quindi non solo deve essere competente ma deve avere la capacità e il piacere di prendersi cura delle persone che lo hanno scelto per affidargli i propri soldi con cui realizzare i progetti di vita personali e famigliari. Un ruolo strategico che è sempre più necessario in quanto le dinamiche sociali, demografiche, economiche sono sempre più complesse.
E a questo si lega il terzo aspetto. Prima di decidere di svolgere questa professione è molto importante verificare le proprie skills personali e le caratteristiche di personalità rispetto al ruolo che si andrà a svolgere.
IL FRENO DELLA PAURA
Da estrapolazione su dati della società specializzata Finer Finance Explorer, i dipendenti bancari sono dieci volte quello dei consulenti finanziari con mandato attivo, ma mentre il numero dei consulenti finanziari è stabile o in leggera crescita, quello dei bancari è in caduta libera. Inoltre, solo in bassa percentuale il dipendente bancario vede il proprio futuro professionale con ottimismo, mentre per quasi il 90% dei consulenti finanziari il futuro è molto più roseo. Ma ancora oggi il numero dei bancari che lascerebbe “il posto fisso” per la professione non è così elevato. Probabilmente la paura di sbagliare prevale sul coraggio di mettersi in discussione.
L’ASPETTO FISCALE
Un aspetto importante riguarda il contratto da consulente, e il fatto che questo presenti alcuni vantaggi fiscali rispetto al rapporto di lavoro subordinato. Ad esempio, mentre il lavoratore dipendente percepisce una retribuzione mensile netta, che non viene modificata da aspetti di deducibilità fiscale, per il consulente si parla sempre di lordo, e conseguentemente esiste la possibilità di abbattere la base imponibile attraverso la deduzione di alcuni oneri che il professionista sostiene durante la sua attività.
DIFFERENZE NELLE RETRIBUZIONI
Le modalità retributive sono poi differenti. Da una parte il dipendente può contare su una retribuzione a livello, che cresce nel corso del suo percorso professionale. Nel caso del consulente, invece, bisogna sfatare il mito che scegliere questo percorso significhi passare dal certo all’incerto. Tuttavia, almeno nell’azienda che rappresento, in media il 95% della retribuzione annua dei consulenti è dato dalla voce ricorrente, che si riceve mensilmente ed è stabile, in relazione all’entità del portafoglio dei clienti. Ad un portafoglio clienti che aumenta, aumenta di conseguenza anche la retribuzione del consulente. Anche per i consulenti finanziari è quindi presente una stabilità, una continuità nel modello retributivo e una crescita prospettica.
IL MOMENTO CRUCIALE
Tutte queste sono comunque considerazioni razionali, mentre nel momento del cambiamento si muovono molte leve emozionali. La fase cruciale è proprio il momento in cui il dipendente, dopo aver fatto un percorso di riflessione più o meno lungo, decide di firmare la lettera di dimissioni. E in questo caso mi sono trovato di fronte a colleghi che, anche all’ultimo minuto, dopo aver ponderato tutto il possibile, mi hanno chiamato per chiedermi se stessero facendo la cosa giusta o l’errore più grande della loro vita. La paura di fare un salto nel vuoto è comune in questi momenti:
“Ciò che non abbiamo osato, abbiamo certamente perduto, mentre rischiando avremmo solo avuto più o meno probabilità di perdere”
diceva Oscar Wilde.
LASCIARE LA COMFORT ZONE
Chi sono le persone che decidono di cambiare?
Ci sono le persone che vogliono uscire dal guscio e lasciare la banca per cui lavorano. Lo fanno per una serie di ragioni: insoddisfazione, ricerca di una migliore valorizzazione professionale, rifiuto di un modello di servizio sempre più centrato sul budget di prodotto.
Poi ci sono coloro che invece vogliono “andare verso” un cambiamento: la differenza sembra sottile ma è sostanziale. Si tratta di coloro che iniziano a fare colloqui perché stimolati dall’idea del cambiamento, ma che fondamentalmente non si trovano male nella loro comfort zone. Il dipendente bancario passa proprio da un’area di comfort a un nuovo status che va analizzato in tutte le sue sfaccettature.
“il bello comincia dopo, quando si inizia la carriera di Consulente Finanziario”. Non è il solo portafoglio trasferito che conta, ma tutto l’orizzonte infinito, commerciale e di competenze, che si apre al proprio desiderio di crescita professionale.
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